Dal progetto di Cesare Lombroso

Cesare Lombroso, Progetto di Manicomio per 350 Alienati (1872)
© Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso

Progetto

Nella seconda metà dell’Ottocento la questione del “manicomio modello” diviene uno dei principali argomenti di dibattito della moderna psichiatria. Alle numerosissime teorie formulate circa l’origine delle malattie mentali corrispondono altrettanti progetti, più o meno ideali, di strutture atte a trattare questi disturbi nella maniera più adeguata e corretta. In questo contesto l’Italia, che era stata tra le nazioni più all’avanguardia nella riforma del trattamento dei folli, appare superata dagli sviluppi verificatisi nel panorama europeo.
Reagendo alla diffusione di modelli e istruzioni di autori stranieri, Biagio Miraglia affermava: “L’Italia ha bisogno di Manicomi italiani, cioè adatti al suo clima, alle sue passioni, alla sua civiltà, alle sue condizioni sociali, in somma ai suoi uomini”. Nel 1861 presentava quindi al Parlamento nazionale il Programma di un manicomio modello italiano.
La posizione di Miraglia è sicuramente condivisa da Cesare Lombroso. Nel suo progetto di manicomio il padre dell’antropologia criminale afferma infatti che consultare le statistiche dei Paesi stranieri risulta inutile in quanto “per molte ragioni d’alimento di clima di abitudini ecc non occorrono colla stessa frequenza le forme nei nostri manicomii”.
Nel tentativo di adeguare gli asili alla giusta prevalenza di forme delle malattie mentali diffuse nella nazione, entrambi gli intellettuali rivelano quindi una concezione del manicomio quale “rimedio morale per eccellenza”. L’attribuzione di una funzione terapeutica all’architettura manicomiale comporta la partecipazione obbligatoria degli alienisti nella progettazione degli asili: erano quest’ultimi infatti a stabilire condizioni e articolazioni delle strutture, dal numero degli alienati alla loro suddivisione, dall’ubicazione all’estensione dell’area, dai collegamenti ai requisiti igienici.
La cartella 192 dell’archivio lombrosiano ci mostra proprio questo processo: al suo interno sono infatti conservati numerosi documenti che illustrano ogni aspetto del manicomio, dalla planimetria generale fino ai più piccoli particolari. Lombroso opta per un recinto rettangolare nel quale si inscrivono diversi edifici ad uno o due piani, distribuiti ai lati di una spina centrale di servizi e separati da corti. Interessante anche la tipologia di suddivisione adottata, che mescola classificazioni nosografiche (basate cioè su forma e natura della malattia – paralitici, epilettici, convalescenti) a distinzioni basate sulla pericolosità dei comportamenti (tranquilli, agitati, furiosi, suicidi) o sul censo degli alienati (ricchi, poveri).